EXHIBITION
Geometrie del tempo
testo di Michelangelo Giovinale – Tiziana De Tora – Marco Papa
luogo Palazo delle Arti – Capodrise (CE) Italy
Incipit della mostra
Rigoroso come un Leonardo Fibonacci dei tempi moderni, l’opera di Gianni De Tora è l’espressione di una complessa equazione, tra due contenuti o, meglio ancora, incognite, quasi sempre variabili fra l’uomo e lo spazio.
Introduzione alla mostra
a cura di Michelangelo Giovinale
L’arte può, attraversare, interpretare, decodificare l’infinito matematico, risolvere il significato di un’articolata geometria, svelare agli occhi dell’uomo l’incanto di un segno che attraversa la purezza di una campitura che ha un colore d’infinto. Rigoroso come un Leonardo Fibonacci dei tempi moderni, l’opera di Gianni De Tora è l’espressione di una complessa equazione, tra due contenuti o, meglio ancora, incognite, quasi sempre variabili fra l’uomo e lo spazio. Una ricerca che lo porterà negli anni a riflettere attraverso l’esperienza della pittura geometrica, sul senso della vita, frequentemente in precario equilibrio fra uno spazio tanto interiore quanto esteriore dell’uomo e del mondo. La mostra “Spazio, geometrie del tempo” si inserisce nella lunga ricerca di senso che il Palazzo delle Arti di Capodrise sta sviluppando, nell’ambito della rassegna “In cerca del Padre”. Una indagine contemporanea sulla crisi di valori e di identità. Attraversare l’opera di Gianni De Tora, fra scansioni ritmiche, intervallate da rette e campiture cromatiche che solidamente strutturano le sue opere, equivale a recuperare il senso di un viaggio, che vuole restituire all’uomo una visione del mondo umana, nell’esperienza di una pittura che per l’artista è stato un continuo dialogo con gli eventi del suo tempo e che torna, ancora oggi, attuale nel nostro. Questa sua personale modalità di ordinare e dialogare con lo spazio, tanto visivo quanto mentale, prima ancora che essere un mero “fare ordine”, è una necessità che l’artista sente come recupero di una esigenza primaria della vita, in contrapposizione ad un “fare ordine” massivo che il pensiero moderno impone all’uomo, nel “disordine “ globalizzato del mondo e della modernità. Ed è, quella di Gianni De Tora, un’esperienza artistica che, avvalendosi di continui riferimenti matematici e articolati incastri geometrici, ci restituisce un profondo senso di libertà e, con essa, il recupero di forme esistenziali dell’uomo che riflettono una visione essenziale della vita, arcaica, scevra da compromessi. Attraverso l’esperienza artistica di De Tora, la città di Capodrise, si avvia a riflettere sul tema dello “spazio urbano” che possa, nella sua evoluzione futura, essere luogo di equilibrio di forme e di contenuti, di memorie storiche e di nuove visioni future. Un progetto a cui l’artista ha dedicato gran parte della sua ricerca artistica, in anni di intese lotte politiche e forti tensioni sociali, e che questa mostra ripropone, in un allestimento che porta all’attenzione del pubblico le sue ultime opere, tra cui “Art for peace” e “The World”. Due opere in carta intelata, del ciclo della serie sull’America, realizzate con la figlia Tiziana, prima della sua prematura scomparsa. Prelevato dallo studio dell’artista, sarà esposto in mostra, il suo tavolo da lavoro. Conserva intatti i segni del suo percorso artistico, stratificati nel tempo. Ed anche nel disordine e nella casualità, propri di un tavolo d’artista, resistono, con preciso rigore, i resti della sua pittura, come note a margine di un foglio. La descrizione, che dà di questo tavolo, Marco Papa, è quella di un “Pollock geometrico”. Una definizione appropriata che coniuga due polarità della vita di Gianni De Tora: il suo essere uomo mediterraneo, con il suo inseparabile “panama bianco”, e il suo vivere nel rigore geometrico che l’artista ha saputo portare ,compiutamente, a estrema sintesi. Tiziana, unica figlia di Gianni De Tora, raccoglie il desiderio del padre di completare questo suo ultimo ciclo di lavori, destinati agli Stati Uniti. La stesura di colori primari si innesta in quelli secondari, in un scenario di verticalità che struttura le due opere. E’ quasi lo sviluppo di una pellicola cinematografica impressa nella memorie dell’artista, con il ricordo al crollo delle “Torri Gemelle”, in un’opera e la rievocazione, nell’altra, della scalata di King Kong, nel film di Guillermin del 1976. Contrasti, paradossi della modernità, citazioni di storia, di sociale, di immagini che interrogano l’artista come punti di domanda. Ancora una volta ritorna un quesito, una equazione da risolvere. quale sarà il nostro futuro? Restano le due varianti: l’uomo e lo spazio.
In cerca di mio padre
di Tiziana De Tora
Un ARTISTA rigoroso. Mai passivo al compromesso e alla compiacenza.
Un UOMO dalla personalità eclettica.
Un INTELLETTUALE impegnato e partecipe delle svolte socio-politiche e culturali del nostro tempo.
La GEOMETRIA il suo linguaggio primario.
La RICERCA la sua legge morale.
Il DIALOGO ed il confronto i punti cardine del suo operato.
Un UOMO LIBERO: dagli stereotipi e dalle etichette, aperto alle collaborazioni con artisti di tutte le generazioni, maestri, giovani o studenti.
Un ESTETA dell’architettura sociale, dalle tinte accese di un animo mediterraneo.
Un ARTISTA MODERNO, un visionario e un sognatore.
Un POETA dello spazio
A misura d’uomo
di Marco Papa
Come accedere a una stanza, quando accoglie ed abbraccia?
Cos’è una città, se non il luogo di mille stanze?
Io, tu, noi, ognuno ad indicare: il dove assume un fine, diventando un chi.
Chi abita lì? Chi ci vive? Chi ci lavora?
Cos’è un codice, se non il modo di rispondere a una domanda?
E ogni domanda nasce dall’esigenza di comunicare.
Nasce da una riflessione sul tempo e lo spazio, sulla memoria e l’evoluzione.
Sul rispetto delle misure: quanta luce c’è tra noi? Cosa produce la distanza?
Quanto siamo vicini?
La verità comune ci spinge ad adunarci, a renderci cortesi, ad abitare insieme.
Scolpiamo il nostro altare, facendo sacrifici, per essere felici di esistere e coesistere.
Trasformiamo competenze.
Ci industriamo per potere, perché avere non ci basti.
E il dovere?
Si, dobbiamo! Stare attenti a dove andiamo.
Troppo in alto per cadere.
Ma è dal basso che si parte: dalla terra che si stende sotto i piedi.
È un tappeto che ci invita a ragionare.