EXHIBITION
Ereditare
Cinque artisti dalla Spagna fra Edipo, Icaro e Telemaco
testo di Michelangelo Giovinale
opere di Virginia Bernal, Gines Vincente Fernandez, Pepe Yagües, Enzo Trepiccione, Salvator Torres
luogo Palazo delle Arti – Capodrise (CE) Italy
Incipit della mostra
Siamo il raccolto della semina di altri, che hanno arato campi di polvere. Di altre generazioni, di stagioni, di luci e di ombre, di sogni e di utopie, di viaggi arcaici e supersonici. Siamo i sedimenti di tutti i segni, orme umide e profonde, impressi nelle pieghe della vita; siamo perché altri sono stati, siamo perché ereditiamo.
Introduzione alla mostra
a cura di Michelangelo Giovinale
Cosa siamo noi se non la totalità dei sedimenti di tutti i segni, orme umide e profonde, impresse nel viaggio della vita che hanno segnato la nostra esistenza?
Siamo il raccolto della semina di altri, che hanno arato campi, di polvere e di altre generazioni. Di stagioni, di luci e di ombre, di sogni e di utopie, di viaggi arcaici e rituali. Siamo perché altri sono stati. Parliamo perché altri hanno parlato. Siamo perché ereditiamo. Ereditare può significare anche condividere. Raccogliere. Spalancare una finestra, osservare il mondo. Per tutto ciò che provoca il doversi orientare verso la conoscenza di nuove mete, che possono trasformarsi in un vero e proprio innamoramento, in una folgorazione, o addirittura, in una rivelazione.
Virginia Bernal, Gines Vincente Fernandez, Pepe Yagües, Enzo Trepiccione, Salvator Torres, in un percorso comune, si sono addentrati – ognuno con la propria arte – nella lettura di tre racconti esemplari della mitologia classica -Icaro, Edipo, Telemaco-incrociando tre storie di figli nella impenetrabile relazione con le figure dei padri.
I cinque artisti trascrivono il pensiero mitologico, attraverso molteplici chiavi di lettura. Le opere sono una trilogia visiva, scaturita dal silenzio di una pausa, che riecheggia – nella pratica creativa, soprattutto in forme artistiche – nell’intervallo fra lettura e pittura. Una indagine sul rapporto di filiazione in relazione all’eredità paterna, riflessa nella persistente crisi moderna, nella difficile trasmissione della vita, intesa al culmine dell’atto di ereditare il desiderio verso l’altro. Incrociando tre storie arcaiche di figli.
Bernal, Fernandez, Yagües, Trepiccione e Torres, pur mantenendo differenti identità stilistiche, offrono un confronto dialettico che attraverso l’interpretazione dei miti, investe la sfera della razionalità e dell’illogico, della coscienza e dell’inconscio, dell’istinto e della ragione. Mondi confusi e misteriosi, di slittamento del pensiero umano moderno, di cui le opere sono l’esatta trascrizione.
Artisti che hanno tratti intrinsechi comuni: una predilezione verso i temi mitologici e l’aver assunto, nella loro ricerca, la lezione contemporanea sul mito del Minotauro – tema estrinsecato in altre opere – cifrario spagnolo, di cui fu profondo interprete Pablo Picasso.
Sulle pareti di Palazzo delle Arti, opere, prevalentemente figurative, mostrano una consistente maturità stilistica, recuperando alcune caratteristiche della pittura che, nell’era della post-modernità, conferiscono una profonda valenza espressiva. Un alto senso del colore, l’impiego di materie diverse, la qualità di certi segni grafici, strumenti utili del “narrare”. La valenza non è tanto per la rappresentazione iconica in sé, quanto per l’atmosfera che pervade la personalità di ogni singola opera.
Nel tema del viaggio – esperienza totalizzante nella vita di Enzo Trepiccione – che nelle scomposizioni e nelle stilizzazioni appunta gli elementi mitologici che saranno oggetto di sorti drammatiche e fatali. Nell’universo fantastico, spinto ai limiti dell’immaginazione, di Gines Vincente Fernandez, dove il mito è traslato in un altro mondo. Nell’immaginario poetico di Pepe Yagües, in cui pittura e scultura si convertono in collage polimaterici, laboratorio di linguaggi e di metafore, fra mito e attualità. Nelle opere dal gusto americano di Salvator Torres, che muove l’occhio dello spettatore, su un doppio piano, in cui realtà e inconscio, a seconda della lettura, si compongono o si scompongono, in significati tanto reali, quanto immaginari. Nell’ambientazione domestica borghese di Virginia Bernal, teatro familiare di piccoli e grandi drammi che riflettono le leggende mitologiche.
L’immersione nelle storie dei miti, consente il recupero in superficie di figure arcaiche, esemplari assoluti ed autonomi della nostra civiltà figurativa, che gli artisti ricollocano, all’interno di personali visioni, facendole specchiare e riflettendole nella contemporaneità.
Appartenenza ed erranza. Sentire le radici, ma anche il bisogno di intraprendere un viaggio. Questa è la quinta essenza di ereditare.