EXHIBITION
pagine quotidiane
opere di Roberto Russo
testo di Michelangelo Giovinale
luogo Galleria Spazio Vitale arte contemporanea Aversa
Incipit della mostra
Per molti la scrittura è un atto motorio di prassia grafica, che Russo puntualmente sabota, trasformando l’intera impalcatura di queste prime pagine di quotidiani in qualcosa d’altro. Più precisamente, per via della pittura che interviene, Russo intrattiene con la struttura del foglio una sua personale narrazione che muove dalla profondità del suo inconscio e alimenta un suo versante creativo.
Introduzione alla mostra
a cura di Michelangelo Giovinale
C’è una tensione nervosa, ancora palpabile, una straordinaria potenza del gesto pittorico risolto con pochi segni decisi e qualche campitura di colore, dove vi è facile leggervi il verso della setola dei pennelli, mossa per mano dell’artista.
Ma l’esercizio pittorico che intrattiene Roberto Russo ha una sua unicità.
Il tutto creativo avviene su fogli di carta di giornali stampati in una stretta relazione con quella trama di font, spazi e interlinee che strutturano l’architettura della scrittura. Titoli e paragrafi che poi, all’origine altro non sono che segni, prima che questi diventino, convenzionalmente, parole.
Per molti la scrittura è un atto motorio di prassia grafica, che Russo puntualmente sabota, trasformando l’intera impalcatura di queste prime pagine di quotidiani in qualcosa d’altro. Più precisamente, per via della pittura che interviene, Russo intrattiene con la struttura del foglio una sua personale narrazione che muove dalla profondità del suo inconscio e alimenta un suo versante creativo.
E’ una pittura a tratti libera, dalla pennellata mobile, con una modulazione cromatica che raggiunge un certo grado di penombra dentro cui l’artista indaga l’universo femminile.
Un ampio ciclo di opere, in cui l’artista è teso essenzialmente a ricomporre, in una successione di tocchi veloci, e di altrettanti gesti grafici, volti e corpi di donne, segnatamente stilizzati.
Un’evasione la sua, che trova ospitalità in queste carte di giornale, con una pittura che non ha pretesa alcuna di coprire il racconto della cronaca. Piuttosto, si infiltra con le sue tempere, nella filigrana della carta, fra le interlinea della scrittura.
Avviene con un garbo deciso, e la freschezza tipica di certe schizzi volutamente lasciati in uno stato stato d’abbozzo, ma sono tutti frementi di vita.
E’ cosi che questo linguaggio personalissimo di Russo, si compie in perfetta mimesi, da ravvisare come fenomeno d’impeto che in quel perimetro del foglio ci racconta dell’uomo, il suo essere giornalista e quello più intimo dell’uomo artista.
Avviene una traumatizzazione della superficie, non necessariamente in senso doloroso. Gli interventi, mostrano una sorta di sciame pulsionale che forza le griglie rigide dello spazio del foglio.
Una fame d’aria, per Roberto d’arte. Un movimento del gesto, che noi sappiamo essere per la pittura e anche la pratica dell’arte in generale, qualcosa che non può essere calcolo, piuttosto un rovesciamento del calcolo, un sabotaggio, che esorbita ogni calcolo. L’idea che se ne coglie per questo ciclo è una pratica artistica che avviene per propulsione, una spinta incontrollata, pulsionale. Oltrepassa quella linea gialla di sicurezza, irrompe fra le sue stesse griglie, in quell’architettura rigida delle battete di giornale.
Un forzare il limite, forse oggi necessario per scardinare, nel caso del lavoro artistico di Russo, l’icona di una femminilità che egli ricerca, fin troppo conchiusa nella continenza dei limiti e nella convivenza dei miti moderni.
Non è un caso che questo scatenamento, questa voglia incontrollata d’arte, avvenga su fogli di carta di giornale e che tanto, nell’annosa costruzione quotidiana, il suo tempo impegna.
A questo tempo di rigore prassico a cui lui, ma anche noi, siamo chiamati nella vita, a scrivere le nostre pagine di cronaca quotidiana, risponde naturalmente il suo inconscio che viene all’opera, sulla quale si fonda – a ben ricordare – gran parte delle esperienze che muovono e alimentano il versante dell’arte moderna dagli albori del ‘900. Avviene tutto travasando un altro e un oltre, direttamente sulla tela, non per attraversamento accademico ma solo gesto involontario e incontrollato.
Una forza centripeta, che da dentro muove verso l’esterno.
Un sorta di vitalismo energetico, che si raggruma nei tratti e nei volti di donna che la poetica di Russo ci presenta e ci offre nelle linee e nelle forme, in talune macchie della suo colore, sovrapposto o per alcune pagine solo lievemente adagiato su quel corpo buoi e cupo di inchiostri di petrolio di cronaca quotidiana.
Non si tratta solo di un esercizio di ricerca artistica, liberatorio, ai margini di una giornata o magari a notte fonda, quando ciò che resta della vita di Russo è solo il rumore delle rotative in corsa.
Resta la sua poetica del gesto. Un metro di misura fra la vita ed i suoi contrasti, le lacerazioni, le divisioni, che lui raccoglie nelle sue personali pagine quotidiane.
Rassegna stampa
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